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La nuova economia cinese scalda i motori.

Nel terzo millennio, il futuro e la stabilità della Cina continuano a dipendere da un piano quinquennale. Il dodicesimo, per la precisione, con cui il Comitato centrale del Partito comunista cinese ha annunciato le linee guida dello sviluppo economico e sociale del paese per i prossimi cinque anni. Le indicazioni del comitato saranno presto inserite in un documento programmatico che l’Assemblea nazionale del popolo dovrà formalmente approvare la prossima primavera.

Si tratterà dell’ultimo piano siglato non solo dalla coppia Hu Jintao – Wen Jiabao, ma dall’intero Politburo nel suo assetto attuale, visto che sette dei nove componenti dell’organo politico più importante della Cina andranno ‘in pensione’ tra due anni, lasciando lo spazio, almeno sulla carta, per profonde riforme e ricambi di leadership. Sul piano economico, l’obiettivo della Cina di oggi è trasformare un mercato fortemente orientato alle esportazioni -e proprio per questo motivo troppo dipendente dall’estero-, in un sistema in cui la domanda interna dovrà assumere un ruolo molto più importante.

Per poterci riuscire, il governo dovrà mettere a punto un pacchetto di riforme in grado di modificare l’attuale struttura fiscale e il sistema bancario e finanziario, adottare nuove norme di previdenza sanitaria e pensionistica, regolamentare i monopoli, facilitare lo sviluppo delle aree povere del paese, controllare meglio i flussi migratori e occuparsi della tutela dell’ambiente. Il successo di un piano tanto ambizioso dipenderà quasi esclusivamente dall’orientamento del nuovo Politburo che sarà confermato nel 2012. A differenza di quanto è sempre successo in passato, però, non sono tante le anticipazioni sui nomi di chi entrerà a far parte di questo ristrettissimo gruppo nei prossimi 24 mesi.

Il vicepresidente cinese Xi Jinping (che, assieme a Li Keqiang, il possibile successore di Wen Jiabao , è entrato nel Politburo nel 2007) è stato nominato oggi vicepresidente della commissione militare del Partito, una carica che lo confermerebbe come successore designato dell’attuale presidente Hu Jintao. Ma i leader in carica non hanno fatto altri nomi. Nei decenni passati, invece, erano proprio questi ultimi a indicare in maniera più o meno esplicita i propri successori negli ultimi anni del loro governo, per aiutarli a costruire la base di consensi necessaria a guidare il paese non appena i primi fossero usciti di scena. Oggi questo non succede.

Probabilmente anche perché sembra avere (finalmente) la possibilità di emergere quel gruppo di politici più ‘liberali’ che ritengono che la Cina sia ormai matura per iniziare a parlare seriamente di riforme politiche. Una posizione da cui i leader di oggi vogliono tenersi il più possibile lontani.

 

By Cristian Ballarin – Direttamente dalla Cina
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